Il fracking e l’estrazione in profondità marine hanno allontanato lo spauracchio del picco petrolifero. Ma la crisi non è scongiurata, tutt’altro

Quello che nessuno si aspettava, nel corso di questi cinque anni, sono i grandi progressi compiuti nel campo delle tecnologie per l’estrazione petrolifera. Sebbene sia stato investito parecchio nelle batterie per veicoli elettrici, gli investimenti per innovare le tecnologie di estrazione sono stati di gran lunga superiori. Oggi, grazie a tecniche innovative come la fratturazione idraulica o la perforazione marina ultra-profonda, il greggio non convenzionale è a portata di mano in quantità abbondanti e non sembra limitato a determinate aree geografiche.
Questa evoluzione del settore petrolifero ha scacciato i fantasmi della crisi energetica globale è ha generato un ottimismo diffuso. La recente campagna presidenziale USA ne è una dimostrazione. Entrambi i candidati hanno assicurato che l’indipendenza energetica è dietro l’angolo, l’unica cosa da fare è “spillare”. La verità, però, è un’altra. La crisi energetica continua ad aleggiare sulle nostre teste e non si tratta di una crisi geologica o strategica, ma bensì di una crisi di crescita lenta. Anche se l’industria petrolifera ha trovato un modo tecnologicamente valido per recuperare grandi quantità di petrolio non convenzionale, il costo di tale operazione sarà sconcertante. Estrarre petrolio convenzionale da un pozzo saudita può costare 4-6 dollari al barile, mentre estrarlo dalle profondità marine al largo della costa brasiliana può costare più di 100 dollari al barile.
Di norma, quando il prezzo di una commodity diventa troppo elevato, i mercati ordinari si auto-correggono, introducendo alternative a basso costo. Ma il mercato del petrolio non è un mercato ordinario. Il settore dei trasporti è quasi completamente dipendente dal petrolio e non ha alternative valide a disposizione. Il risultato sarà una iper-inflazione dei costi energetici che darà vita a un loop di eventi. L’iper-inflazione petrolifera rallenterà i consumi e ciò si tradurrà in un calo della domanda. Il calo della domanda comporterà una riduzione dei prezzi e di conseguenza ci sarà un calo negli investimenti in tecnologie energetiche alternative. E più risorse saranno investite nella produzione di petrolio, meno risorse saranno disponibili per altre parti produttive dell’economia.
È un circolo vizioso e l’unico modo per uscirne è trovare un modo per sostituire i combustibili fossili derivanti dal petrolio nel settore dei trasporti. Oggi, come cinque anni fa, la tecnologia delle batterie avanzate risulta essere il modo migliore, più flessibile e più tecnologicamente fattibile per raggiungere questo obiettivo. Bisogna riconoscere, però, che la natura della crisi energetica sarà tale che il mercato da solo non spingerà i consumatori del settore trasporti verso questa transizione. Causerà invece un aumento dei costi petroliferi strutturali, un rallentamento della crescita economica e una mancanza di capitali di investimento per le tecnologie energetiche alternative. La dipendenza dal petrolio è un problema, con o senza nuove fonti non convenzionali a disposizione. La politica deve prenderne atto.
da www.casaeclima.com