Ufficializzata la fusione dei due gruppi. Gli obiettivi: raddoppiare il fatturato in 3 anni facendo affidamento al mercato dei capitali e internazionalizzazione, con un occhio particolare su Medio Oriente, Australia, Stati Uniti e Canada

BREVE BACKGROUND. Il “matrimonio”, annunciato a fine giugno, è l’ultimo tassello di una burrascosa vicenda iniziata più di due anni fa. E che ha visto l’incessante scalata del costruttore romano Pietro Salini per il controllo del colosso Impregilo. Con l’accettazione da parte di Gavio dei 4 euro per azione proposti dal contendente Salini- che a febbraio 2013 aveva lanciato un’Opa sul general contractor- la battaglia si è chiusa ad aprile con il gruppo romano a capo dell’impresa con l’86% del capitale. Poi, l’annuncio della fusione.
POSSIBILE AUMENTO DI CAPITALE. La notizia più interessante dall’Assemblea è arrivata dal lato della governance. Nel cda hanno fatto ingresso tre nuovi membri: Franco Passacantando, attualmente direttore centrale della Banca d’Italia; Nicola Greco, per anni ai vertici di Technip; e Giacomo Marazzi, consigliere di Beni Stabili. L’ assemblea ha anche approvato l’autorizzazione al cda per un eventuale aumento di capitale, aprendo di fatto la strada a un possibile aumento del flottante del nuovo gruppo post-fusione. L’operazione di fusione avverrà entro fine 2013. Il titolo valeva 1,4 euro e poi è arrivato a 3,4 euro. “Intendiamo mantenere il payout al 40% sugli utili, come previsto dal piano industriale”, ha rivelato il presidente, Claudio Costamagna, fornendo alcuni dettagli sul possibile ripristino del flottante. L’operazione di fusione “sarà operativa dall’1 gennaio. Poi valuteremo le migliori opportunità per ricostruire il flottante e su questo la delega per l’aumento del capitale ci dà un’opzione in più.”
L’OBIETTIVO PRINCIPALE: PUNTARE SUI MERCATI ESTERI. Una volta risolto il problema del flottante, le ambizioni di Salini sembrano essere grandi e già punta a un campione che da “nazionale” oltrepassi i confini. Perché se per l’Italia 7mld di fatturato sono un giro d’affari enorme, sono nulla confrontati con quelli di colossi europei e non solo. Basti pensare che oggi il gruppo ha in Italia una quota di mercato del 18%, contro l’82% rappresentato dai mercati esteri. “Quei numeri non bastano: sul mercato ci confrontiamo con colossi americani, coreani e spagnoli”, conferma lo stesso Salini nel corso dell’Assemblea.
Gli obiettivi del gruppo in questo senso sono chiari: raddoppiare il fatturato in 3 anni facendo affidamento al mercato dei capitali e stringendo alleanze con le aziende locali che, paese per paese, sono la chiave d’accesso alle gare. “Un business – ha spiegato l’ad Pietro Salini – che si concentrerà in Medio Oriente, Australia, Stati Uniti e Canada, con un occhio di riguardo alla taglia media delle opere che dovranno essere sopra i 500 milioni di dollari.”
PAROLA D’ORDINE: INTERNAZIONALIZZAZIONE. MA L’ITALIA E’ ANCORA INDIETRO. Che puntare all’estero sia la chiave di volta del mercato delle costruzioni, è emerso anche dalla recente indagine della rivista americana ENR (Engineering News Record della McGrawHill) secondo cui le 225 società di progettazione presenti nella classifica stilata hanno generato 71,77 miliardi dollari di fatturato in lavori di progettazione nel 2012, provenienti da progetti effettuati al di fuori dei propri confini nazionali. Se ai vertici della classifica troviamo l’australiana WorleyParsons Ltd di Sydney (fatturato: 4,995.9 milioni di dollari), l’americana Fluor Corp di Irving e l’olandese Fugro NV di Leidschendam, per trovare qualche nome italiano dobbiamo scendere fino al 45° posto, dove si è posizionata Saipem, di San Donato Milanese, con un fatturato pari a 327.6 milioni di dollari. Segue al 46° posto la Maire Tecnimont di Roma, con ricavi pari a 341.6 milioni di dollari.
da www.casaeclima.com