Cassazione: il licenziamento non può essere meramente strumentale ad un incremento di profitto

Nel caso di licenziamento individuale per g.m.o., la soppressione del posto di lavoro non può essere meramente strumentale ad un incremento di profitto, né può essere determinata da un generico ridimensionamento dell’attività imprenditoriale.
Il lavoratore licenziato ha diritto a che il datore di lavoro dimostri le effettive ragioni di carattere produttivo-organizzativo e l’impossibilità di utilizzare il lavoratore in altre mansioni equivalenti a quelle esercitate prima della ristrutturazione aziendale (Cassazione n. 21282/2006, n. 7006/2011, n. 19616/2011).
La comunicazione non deve essere generica
Nel caso esaminato con la sentenza n. 16987/2013, la suprema Corte ha giudicato corretta la motivazione con la quale la Corte territoriale ha ritenuto che non fosse da considerare generica l’indicazione dei motivi del recesso che avevano evidenziato il notevole calo di lavoro per la segretaria dello studio professionale, con la perdita di un importante cliente che aveva determinato la riduzione del carico lavorativo.
Secondo la Cassazione, il licenziamento è inefficace solo nel caso in cui il datore di lavoro, a seguito della richiesta del lavoratore licenziato, ometta di comunicargli tempestivamente, entro 15 giorni dalla ricezione dell’atto di interpello, i motivi del suo recesso, oppure si limiti a una comunicazione che, per la sua assoluta genericità, sia del tutto inidonea e pertanto equivalga alla mancata comunicazione.
da www.caseclima.com