Nei settori dell’energia, della mobilità e dei rifiuti le città italiane possono fare da volano per lo sviluppo sostenibile.
In Italia il 68 per cento della popolazione vive in un ambiente urbano, dove si produce in media il 75 per cento dei rifiuti, e le abitazioni consumano dal 30 e al 60 % in più di energia rispetto alla media UE.
Tale concentrazione abitativa accresce i problemi ambientali, come l’inarrestabile cementificazione con insediamenti distribuiti in maniera frammentata e disordinata sul territorio, e che continua ad occupare aree libere, spesso agricole, al ritmo di 343 metri quadrati all’anno per ciascun italiano.
Un Green New Deal che parta dalle città può dunque costituire un quadro di riferimento unitario per interventi coordinati ed integrati a livello sociale, ambientale ed economico. Ed è proprio il nuovo ruolo che le città italiane possono avere come volano per uno sviluppo sostenibile, il tema principale analizzato nella seconda edizione del Rapporto sulla Green Economy 2013: “Un Green New Deal per l’Italia”, curato dalla Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile e dall’Enea, e presentato oggi a Roma.
Il panorama internazionale
Lo studio si avvale della prefazione di Simon Upton, Direttore del Dipartimento Ambiente dell’Ocse, e di Tim Jackson, docente di Sviluppo sostenibile presso l’Università del Surrey. La prima parte del Rapporto affronta il panorama internazionale, partendo da un excursus storico-economico che, dalla crisi del ’29 arriva ai giorni nostri, e fornisce un’ampia illustrazione delle proposte per un Green New Deal formulate dall’UNEP e dall’Ocse, le prospettive per l’affermazione della green economy in Europa, nonché le difficoltà e le potenzialità dell’Italia, prendendo in esame le esigenze di investimenti pubblici e privati, gli effetti sull’occupazione e le riforme indispensabili.
Il ruolo delle città italiane
La seconda parte del Rapporto, focalizzandosi sulla realtà italiana, esamina l’importanza che le città possono assumere come stimolo e impulso per la green economy. Il green new deal potrebbe trovare nelle città la spinta per un cambiamento verso modelli economici innovativi e sostenibili, visto che nelle città vive il 68% della popolazione italiana. Gli attori di questo green new deal urbano sono molteplici, dai decisori politici agli imprenditori locali; dai cittadini alla comunità scientifica.
I settori principali trattati nel Rapporto sono la riqualificazione energetica delle città, le misure di mitigazione climatica, la riduzione del consumo di materiali ed il miglioramento della gestione dei rifiuti, la mobilità urbana, i rapporti tra l’ambiente urbano e quello agricolo, il patrimonio culturale, la gestione sostenibile della risorsa idrica, la riqualificazione delle aree degradate e l’impiego di tecniche e tecnologie tipiche dell’ICT.
Di seguito alcune delle criticità e delle opportunità offerte per avviare un green new deal in ambito urbano.
Rifiuti
I rifiuti sono prodotti per la maggior parte in ambito urbano (75%). Molti dei rifiuti prodotti potrebbero essere riutilizzati ed avere una seconda vita (ingombranti, apparecchiature elettriche, elettrodomestici ecc) Una stima sui rifiuti che arrivano ai centri di raccolta di Roma valuta in diversi milioni di euro il valore di questi “beni-rifiuto” che possono essere reintrodotti sul mercato. Secondo l’ Enea circa il 48% dei rifiuti elettrici ed elettronici potrebbe essere riutilizzato con un valore di mercato di 45 milioni di euro. Le raccolte differenziate sono ancora a macchia di leopardo sul territorio (fra le 16 città con più di 200.000 abitanti si passa dal 51,1% di Verona al 6,4% di Messina).Quello che emerge è che dove le raccolte sono più alte è inferiore il costo di gestione dei rifiuti per ciascun cittadino ( in un comune con una raccolta al 63% il costo annuo per abitante è di 116,14 euro, in uno con una raccolta al 26% di 224 euro). Dal punto di vista del lavoro, un incremento di 1000 ton/anno di raccolta differenziata e riciclaggio creerebbe 8,5 posti di lavoro, pertanto il raggiungimento dell’ obiettivo di riciclaggio del 50% creerebbe un’ occupazione di 11.000 unità.
Mobilità urbana
L’ Italia è ancora lontana da una mobilità sostenibile a basso impatto ambientale. Ma ci sono città che guardano ai modelli d’oltralpe più evoluti. Torino, Brescia, Parma, Milano sono al top della classifica stilata da Euromobility sulla mobilità sostenibile. Buon trasporto pubblico, car e bike sharing, tecnologie ICT (sistemi di trasporto intelligenti) hanno permesso di raggiungere questi risultati e Torino primeggia anche per un parco veicolare più ecologico della media italiana.
Le città si sono cominciate a muovere anche grazie al Fondo per la mobilità sostenibile di 200 milioni gestito dal Ministero dell’Ambiente che ha interessato 14 aree metropolitane e 96 comuni: il fondo ha specialmente dato impulso alle creazione di nuove infrastrutture e servizi per il TPL, la mobilità ciclistica e i parcheggi di interscambio.
Con il fondo bike sharing sono stati co-finanziati 57 interventi. Ma resta ancora molto da fare: le metropolitane sono meno di 200 chilometri in solo 6 città (Milano, Roma, Napoli, Torino, Genova, Catania); nei capoluoghi la densità delle piste ciclabili è pari mediamente al 6% di quella della viabilità per le auto (13,3 km/100km2 contro 222 per le auto ma c’è l’esempio virtuoso di Padova con 132,2 km di ciclabili ogni 100km2 e 286 km di viabilità per le auto); l’Italia dopo il Lussemburgo ha il primato in Europa di auto con 61 ogni 100 abitanti con il maggior numero nelle città, in particolare a Roma con 68; negli spostamenti in un raggio di 50km e superiori ai 5 minuti solo il 15% delle persone usa i mezzi pubblici.
Consumi energetici ed emissioni
L’iniziativa Patto dei sindaci che coinvolge 2481 comuni italiani ha permesso un check up uniforme di consumi energetici e emissioni di CO2 e, grazie alle diagnosi energetico-ambientali necessarie per questo check up, si sono creati circa 20.000 esperti del settore. I comuni del patto hanno già avviato iniziative di risparmio energetico, le più comuni sono il rifacimento dell’illuminazione pubblica a LED e le certificazioni energetiche, poco sviluppato invece il ricorso alle fonti rinnovabili. Un intervento innovativo è stato quello dei condomini intelligenti in provincia di Genova per diminuire i consumi e aumentare la quota di energia prodotta da fonti rinnovabili. Resta ancora aperto il grande capitolo dell’efficienza energetica (gli edifici italiani consumano il 30-60% in più della media degli edifici europei), tutti gli interventi finora realizzati si devono alla detrazione prevista – ora al 65% – delle spese sostenute. Dall’analisi quantitativa degli interventi emerge che solo il 20% del patrimonio edilizio è stato ristrutturato nei 12 anni di attività degli incentivi, di cui solo il 30% dedicato all’efficienza energetica.
“La Green Economy può rappresentare la chiave di volta per avviare un nuovo ciclo di sviluppo all’insegna della sostenibilità e dell’innovazione tecnologica, con ricadute di lungo periodo che vanno dalla salvaguardia dell’ambiente al rilancio dell’industria e dell’occupazione”, ha dichiarato il commissario Enea Giovanni Lelli. “Una formidabile spinta propulsiva ad un New Deal legato alla Green Economy può venire da una nuova pianificazione urbana che faccia dell’eco-innovazione tecnologica e sistemica il fulcro della trasformazione delle nostre città per offrire una migliore qualità della vita ai cittadini ed un più sostenibile utilizzo delle risorse energetiche e non energetiche. Si tratta di un’opportunità per la nostra industria nazionale che porterà vantaggi e competitività quanto più sarà in grado di affrontare la sfida tecnologica della trasformazione sostenibile dei propri processi e prodotti. Con l’eco-innovazione si possono trasformare le aree urbane rendendole centri di risultati economici sostenibili e, al contempo, luoghi ideali per la crescita civile dei cittadini.”
Edo Ronchi, presidente della Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile, ha evidenziato che “anche il Rapporto 2013, dedicato al Green New Deal, ha fornito analisi e studi a supporto degli Stati Generali della green economy italiana. Durante una delle recessioni forse più lunghe e difficili degli ultimi decenni, investire per innovare, differenziare e convertire prodotti e processi produttivi in chiave sempre più green potrebbe essere una strada per rilanciare il nostro sviluppo. Un forte impulso in questa direzione può venire da concrete iniziative che possono partire, o essere rafforzate, dalle nostre città”.