Ance propone un piano per la manutenzione del territorio, misure salva-casa per giovani e fasce deboli e l’avvio immediato del Piano Città.
Nel 2012 sono calati del 7,6% gli investimenti nelle costruzioni, mentre dall’inizio della crisi si sono persi 360.000 posti di lavoro, che diventano 550.000 se si considera anche l’indotto. Su fronte del mercato immobiliare, le compravendite di abitazioni nei primi nove mesi del 2012 sono diminuite del 23,9%.
Tali risultati – ha spiegato l’Ance – derivano dell’aggravarsi dello scenario economico e dell’allungamento dei tempi di avvio di alcune misure contenute nel DL Sviluppo e dei programmi infrastrutturali nazionali e locali. Alcuni dei provvedimenti di incentivazione del mercato delle costruzioni contenuti nel DL Sviluppo, infatti, hanno dimostrato di avere bisogno di tempi più lunghi per l’avvio e di un quadro di risorse certo. L’entità delle proposte inviate dai Comuni nell’ambito del Piano Città (430 progetti per un valore complessivo di 18,5 miliardi) conferma la necessità e l’urgenza di avviare un tale Piano ma, a fronte dei 224 milioni di euro stanziati dal DL Sviluppo, si stanno cercando adeguate risorse pubbliche e private per dare cantierabilità ad un maggiore numero di iniziative.
Nonostante il Ddl Stabilità faccia intravedere un aumento di risorse per nuove infrastrutture (2,4 miliardi di euro aggiuntivi pari a +19,6% in termini reali rispetto al 2012) – ha spiegato l’Ance -, lo stesso ddl imprime l’ennesimo irrigidimento del Patto di stabilità interno, per un importo pari a 2,2 miliardi di euro, portando il valore complessivo della stretta a 7,8 miliardi di euro nel 2013.
Sul fronte occupazionale, nel comparto delle costruzioni si sono persi 360.000 posti di lavorodall’inizio della crisi, un numero paragonabile a 72 Ilva di Taranto, 450 Alcoa o 277 Termini Imerese. E considerando anche i settori collegati, la perdita occupazionale complessiva raggiunge circa 550.000 unità.
Anche il mercato immobiliare sta vivendo un momento molto negativo: le abitazioni compravendute registrano nei primi nove mesi del 2012 una diminuzione del 23,9%. Il calo è dovuto a molti fattori: l’estrema incertezza che scoraggia le decisioni di investimento delle famiglie; il blocco del circuito finanziario a medio-lungo termine che rende estremamente difficile alle famiglie accedere ai mutui per l’acquisto della casa (-21,5% nel periodo 2007-2011 e -47,9% nei primi sei mesi del 2012 i mutui erogati alle famiglie per l’acquisto di abitazioni); l’ulteriore inasprimento del carico fiscale derivante dall’IMU. Nonostante ciò, i dati Ance mostrano che esiste una domanda insoddisfatta: dal confronto tra abitazioni messe in cantiere e nuove famiglie, risulta infatti un indicatore di fabbisogno potenziale di circa 596.000 abitazioni.
Ad aggravare la situazione – ha proseguito l’Ance – vi è anche la stretta creditizia che a giugno 2012 ha raggiunto il livello più alto dall’inizio della crisi: i finanziamenti a medio-lungo termine per l’edilizia abitativa sono calati del 38,2%, nel periodo 2007-2011, mentre i prestiti per l’edilizia non residenziale sono diminuiti del 44,3%. Tutto ciò mentre continua ad aumentare la domanda di credito da parte delle imprese.
Un ulteriore fenomeno che determina una situazione di estrema sofferenza per le imprese che realizzano lavori pubblici è quello dei ritardati pagamenti. La somma che le Pubbliche Amministrazioni devono restituire alle imprese di costruzione ammonta a 19 miliardi di euro ed è in costante crescita. Anche i tempi aumentano: in media le imprese che realizzano lavori pubblici sono pagate dopo 8 mesi e le punte di ritardo superano ampiamente i 2 anni.
Quello che sta succedendo nel settore dell’edilizia – ha concluso l’Ance – è fortemente preoccupante. In sei anni, dal 2008 al 2013, il settore avrà perso circa il 30% degli investimenti e registra i livelli di attività più bassi degli ultimi 40 anni. Soffrono tutti i comparti, dalla produzione di nuove abitazioni, che in sei anni avrà perso il 54,2%, all’edilizia non residenziale privata che segna una riduzione del 31,6%, alle opere pubbliche che registrano una caduta del 42,9%. La riqualificazione del patrimonio abitativo esistente è l’unico comparto che sembra mostrare una tenuta nei livelli produttivi (+12,6%) negli ultimi sei anni.
“Stiamo assistendo alla ricaduta del malato dove il malato è il settore edile che, dopo una flebile speranza di ripresa, è ripiombato nel buio assoluto. Siamo dinanzi a una vera e propria chiusura del comparto e non perché sia giunto un meteorite all’improvviso ma perché le politiche adottate anche negli ultimi mesi non fanno altro che deprimere ulteriormente il settore”. Questo il j’accuse del presidente dell’Ance e di Federcostruzioni, Paolo Buzzetti.
“Non c’è più tempo di aspettare – ha commentato Buzzetti – questo Governo deve riconoscere di aver dato una frenata eccessiva al settore e trovare gli strumenti per rilanciarlo a partire da alcune semplici proposte: ragioniamo su un piano di dieci anni per la manutenzione del territorio utilizzando i progetti che già ci sono e sui quali i sindaci sono d’accordo; incentiviamo il risparmio energetico – ha proseguito – ma facciamolo con degli sgravi nel tempo, non di sei mesi; puntiamo sulla legalità con nuove norme per quanto concerne l’assegnazione degli appalti. Su questo puntiamo da anni per rappresentare gli imprenditori migliori ma la politica non ci ascolta”, ha ribadito Buzzetti. Soprattutto “sblocchiamo la situazione dei mancati pagamenti da parte della Pubblica Amministrazione”.
Un tema su cui Federcostruzioni ha avviato dalla scorsa primavera una forte battaglia. A questo proposito il vicepresidente di Federcostruzioni, Luca Turri ha sottolineato che “ il debito della Pubblica amministrazione nei confronti delle imprese del settore è ben più consistente dei 19 miliardi relativi alle sole aziende di costruzioni, in quanto questi mancati pagamenti si riverberano sulle migliaia di imprese dell’indotto. Noi stimiamo che le sofferenze creditizie a causa di questi ritardi ammontino a circa 30 miliardi”. “Una situazione – ha aggiunti Turri – che sta portando molte imprese alla chiusura e che deve essere immediatamente risolta, anche perché queste risorse possono consentire di tenere vivo un settore, le costruzioni, che può svolgere un ruolo determinante per far ripartire l’economia e porterebbe immediati benefici in campo occupazionale”.
Di seguito le proposte dell’Ance per rilanciare la crescita del settore e dell’intera economia, assicurando allo stesso tempo il rigore nella finanza pubblica:
Mettere in sicurezza il territorio
È fondamentale mettere mano a un piano di messa in sicurezza del territorio, fortemente a rischio sismico e idrogeologico. La mancanza di una politica di prevenzione può essere misurata dal costo dei danni di terremoti, frane e alluvioni, pari, dal 1944 al 2012, a 242,5 miliardi, ovvero 3,5 miliardi all’anno. Per questo è fondamentale far partire subito il Piano Clini sul dissesto idrogeologico, superando, già nella Legge di Stabilità, i limiti del Patto di stabilità interno che impediscono di spendere le risorse per la messa in sicurezza delle scuole e dei territori.
Un “piano salva-casa” per giovani e fasce deboli
Per rilanciare il mercato immobiliare, l’Ance propone un “piano salva-casa”, che trova il suo fondamento nell’esperienza virtuosa fatta in Italia nel dopoguerra con le “cartelle fondiarie”, con le quali sono stati compiuti i maggiori investimenti immobiliari del nostro Paese. La proposta prevede il coinvolgimento degli investitori istituzionali, (Cassa Depositi e Prestiti, finanziarie regionali, fondi pensione) nell’acquisto delle obbligazioni a medio-lunga scadenza emesse dalle banche e finalizzate all’erogazione di mutui a favore delle famiglie per l’acquisto della prima casa o di immobili ad alte prestazioni energetiche.
Un Patto di stabilità meno stringente
Il rilancio degli investimenti pubblici, e in particolare di quelli necessari a garantire la qualità della vita dei cittadini e lo sviluppo del Paese, è strettamente legato alla modifica del Patto di stabilità interno degli enti locali. La proposta dell’Ance è quella di introdurre criteri in grado di premiare le spese in conto capitale nel Patto: una “golden rule” da applicare a livello nazionale in attesa di una eventuale modifica del Patto europeo nel senso recentemente auspicato dal premier Monti.
Piano città: dai progetti ai cantieri
Fondamentale dare concretezza al Piano Città, che l’Ance ha proposto e che ha trovato corpo nel Decreto Sviluppo. Un’importante scommessa per riqualificare i centri urbani, recuperare le periferie, anche attraverso demolizione e ricostruzione, come già avviene in Europa, in una logica non solo di sostituzione del singolo edificio ma di recupero di ampie parti di città. Di fronte al successo rappresentato dalle numerose proposte avanzate dai Comuni, è necessario destinare 2 miliardi di fondi strutturali e FAS, della programmazione in corso, a questo importante progetto, e, in prospettiva, farne una priorità della prossima programmazione….
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da www.edilportale.com